Avv. Claudio Cuzzini
Studio Legale Roma

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Avv. Claudio Cuzzini

La ricerca delle proprie origini da parte del figlio nato da parto anonimo. Sentenza Cass. sez. un. 25 gennaio 2017 n. 1946

Il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione ai sensi dell’art. 363 c.p.c., primo comma, ha chiesto l’enunciazione del principio di diritto nell’interesse della legge al quale la Corte di appello di Milano avrebbe dovuto attenersi nel decidere un reclamo proposto da un figlio maggiorenne nato da parto anonimo il quale aveva fatto istanza al Giudice di verificare, attraverso un interpello riservato, la persistenza della volontà da parte della madre di non essere nominata. La richiesta del Procuratore generale nasce dal contrasto insorto nella giurisprudenza a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 278 del 2013 con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 28, comma 7, della legge 4 maggio 1983, n. 184 nella parte in cui non prevede su richiesta del figlio la possibilità del giudice di interpellare la madre (attraverso un procedimento, stabilito dalla legge, che assicuri la massima riservatezza) che abbia dichiarato di non voler essere nominata ai sensi dell’art. 30, comma 1, d.p.r. 3 novembre 2000, n. 396, ai fini di una eventuale revoca di tale dichiarazione. La citata sentenza di fatto ha creato due orientamenti giurisprudenziali diversi. Il primo ravvede la necessità di un intervento legislatore che determini il tipo di procedura da seguire ai fini dell’interpello della madre, compito che non può essere demandato al giudice (Tribunale per i minorenni di Milano, Catania, Bologna, Brescia e di Salerno). L’altro orientamento (sostenuto dal Tribunale per i minorenni di Trieste, Tribunale per i minorenni per il Piemonte e la Valle d’Aosta, la Corte d’appello di Catania sezione famiglia e minori) ammette l’interpello della madre anche senza l’intervento legislativo con modalità definite dal giudice. Le sezioni unite della Corte di Cassazione con la sentenza del 25 gennaio 2017 n. 1946 hanno ritenuta fondata la richiesta del Procuratore generale ed hanno ai sensi dell’art. 363 c.p.c. espresso il seguente principio di diritto nell’interesse della legge: in tema di parto anonimo, per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 278 del 2013, ancorché il legislatore non abbia ancora introdotto la disciplina procedimentale attuativa, sussiste la possibilità per il giudice, su richiesta del figlio desideroso di conoscere le proprie origini e di accedere alla propria storia parentale, di interpellare la madre che abbia dichiarato alla nascita di non voler essere nominata, ai fini di una eventuale revoca di tale dichiarazione, e ciò con modalità procedimentali, tratte dal quadro normativo e dal principio somministrato dalla Corte costituzionale, idonee ad assicurare la massima riservatezza e il massimo rispetto della dignità della donna; fermo restando che il diritto del figlio trova un limite insuperabile allorché la dichiarazione iniziale per l’anonimato non sia rimossa in seguito all’interpello e persista il diniego della madre si svelare la propria identità.